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domenica 30 ottobre 2011

Acido lattico, DOMS, stretching

Un argomento non propriamente consueto ma, secondo me, interessante. Iniziamo a parlare dei dolori che avvertiamo il giorno dopo una seduta molto intensa. Spesso, per non dire sempre, mi capita di parlare con podisti (o atleti in genere) che una volta sdraiati sul lettino iniziano a parlare di dolori muscolari, di accumulo di acido lattico e cose di questo genere. Una cosa bisogna chiarirla subito, i dolori non sono dovuti all'acido lattico accumulato nei muscoli. L'acido lattico (C3H6O3) si produce nei muscoli dirante i processi anaerobici, quelli cioè che avvengono in mancanza di ossigeno. Senza fare un trattato di biochimica che risulterebbe incomprensibile e oltremodo noioso possiamo dire che (attenzione semplificando il tutto in modo grossolano) dalla degradazione del glucosio (il carburante che utlizza il nostro corpo come fonte primaria) si forma acido lattico. In presenza di ossigeno, invece,  queste molecole vengono "riutilizzate" nel ciclo di krebs arrivando alla formazione di "energia" (ATP), consumo di ossigeno e formazione di acqua: per avere un'idea di quanto è complicato questo meccanismo che avviene a livello cellulare (nei mitocondri) basta vedere questa figura che schematizza l'intero ciclo di "fosforilazione ossidativa mitocondriale"
 In assenza di ossigeno come abbiamo detto questo processo crea acido lattico che a PH fisiologico tende a a dissociarsi in 2 ioni (lattato e H+), essendo come dice il nome stesso un acido l'accumulo nelle cellule dello stesso produrrà un abbassamento del PH (quindi la creazione di un ambiente acido con conseguente sensazione di fatica). Come risposta le cellule iniziano ad eliminare l'acido lattico espellendolo all'esterni nel circolo sanguigno. A riposo nel sangue è presente acido lattico in quantità molto basse, circa 1 o 2 mmol/L (millimoli per litro). Ovviamente durante un'attività fisica questa concentrazione è destinata ad aumentare fino a picchi di circa 25mmol/L in quegli atleti che utilizzano la anaerobiosi (quattrocentisi ed ottocentisti su tutti).Anche se L'acido lattico in elevate concentrazioni è un prodotto altamente tossico  non deve essere visto come un prodotto di "rifiuto" perchè in effetti alcuni tessuti lo utilizzano a scopo energetico ad esempio cuore che lo preferisce come fonte energetica al glucosio e attraverso il ciclo di Cori viene ritrasformato in Glicogeno nel fegato. Scusandomi per il lungo cappello ma che serviva a farvi capie cosa è l'acido lattico e come si forma arriviamo al punto e cioè come si "elimina" dal sangue. Come prima cosa attraverso la respirazione, l'eliminazione di CO2 abbassa il PH e poi attraverso quei processi metabolici di cui abbiamo parlato prima (nel fegato e nella riconversione del lattato in glicogeno/glucosio etc etc). Abbiamo quindi stabilito che una concentrazione di 1 o 2 mmol/L è fisiologica possiamo quindi a questo punto monitorare la presenza dell'acido lattico nel sangue nei minuti/ore/giorni successivi allo sforzo controllando la lattiemia (presenza di lattato nel sangue). Si è scoperto che a prescindere da cosa si è fatto e dal livello di allenamento (ovviamente un atleta allenato recupererà in ancora meno tempo) sono sufficienti circa 50 minuti per riportare il livello di lattato al livello fisiologico. Questo grafico reperito in rete è abbastanza chiaro e fa crollare il mito dell'acido lattico "accumulato". Nel grafico si vede come l'acido lattico venga smaltito da 3 persone (con gradi di allenamento differenti) partendo dallo stesso valore iniziale di 20 mmol/L. La differenza tra i 3 stà nel tempo in cui si torna a valori fisiologici che variano da circa 20 minuti a 50. in ogni caso però possiamo affermare che l'aciudo lattico viene completamente "smaltito" nel giro di massimo 1 ora. Del resto i dolori che si avvertono dopo un allenamento intenso hanno una insorgenza non immediata ed anzi, tendono a raggiungere il picco dopo circa 48 ore quindi di certo non possono avere origine dall'acido lattico.
A questo punto si pone una domanda: ma i dolori muscolari che si avvertono dopo un allenamento intenso allora a cosa sono dovuti? E come possiamo definirli? Alla seconda domanda rispondono gli americani con la loro sempre viva fantasia per gli acronimi: DOMS Delayed onset muscle soreness (dolore muscolare ad insorgenza ritardata).
In sostanza un allenamento intenso (in proporzione allo stato di salute e di allenamento dei nostri muscoli) crea delle microlesioni nelle cellule muscolari, queste microlesioni scatenano all'interno del muscolo dei focolai infiammatori con formzione di sostanze irritanti (interluchine, prostaglandine, citochine etc etc) e deposizione di leucociti, enzimi etc etc
Questa infiammazione dovuta alle lesioni (seppure a livello microscopico) attiva le cellule satellite che sono delle cellule quiescenti situate nei muscoli che una volta attivate producono mioblasti (cellule in grado di generare e riparare le cellule muscolari). Alla fine del ciclo il muscolo avrà più nuclei (fibra polinucleata) quindi una maggior sintesi proteica, maggior resistenza e maggior forza. E' proprio grazie all'attivazione delle cellule satellite che si ha il processo di supercompensazione (sollevare 5 kg produce una lesione, attraverso la supercompensazione il muscolo si adegua allo stimolo supercompensando. Creando cioè le prerogative affinchè uno stimolo anche superiore ai 5 kg non sia più in grado di lederne le fibre).








Concludendo vorrei porvi una domanda alla quale cercheremo di rispondere in un articolo seguente (che richiederà tempo per essere completato e che scatenerà qualche polemica): sapendo che dopo un allenamento i muscoli hanno delle microlesioni interne, fare dello stretching dopo l'attività è una pratica utile o dannosa?




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