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lunedì 14 febbraio 2011

LA FASCITE PLANTARE

LA FASCITE PLANTARE

DEFINIZIONE: infiammazione della fascia plantare. Comporta dolore nella parte inferiore o mediale del calcagno



ANATOMIA: la fascia plantare (o aponeurosi plantare) è una struttura fibrosa che si trova sulla pianta del piede subito sotto il piano sottocutaneo. Si divide in tre parti: intermedia, laterale e mediale. Sul calcagno si fissa sul tubercolo mediale del calcagno (alcune fibre sul processo laterale), dalla porzione intermedia partono i fasci mediale e laterale che formano i setti laterale e mediale. Distalmente attraverso 5 bandelle si fissa sul derma e sui tendini relativi. Funzionalmente la fascia plantare serve ad assorbire gli shock che si hanno mentre si è in piedi e a sorreggere l'arco plantare longitudinale. Alcune fibre della fascia plantare sono connesse alle fibre del tendine d'achille soprattutto in giovane età. Quando le articolazioni metatarso-falangee si estendono si crea una tensione sulla fascia che comporta un avvicinamento del calcagno alle teste metatarsali con conseguente aumento dell'arco longitudinale. Questo meccanismo prende il nome di effetto windlass descritto nel 1954 da Hicks. Per l'effetto windlass il piede diventa una leva rigida, importante per la deambulazione perchè rende più efficiente la propulsione in avanti. Sempre grazie al windlass si ottiene la supinazione del piede nella fase di carico.

EZIOLOGIA: Microtraumi sulla inserzione della fascia plantare sul tubercolo del calcagno, il sovraccarico funzionale può causare delle microlesioni sulla inserzione osseo o nella fascia stessa. Nel tempo col protrarsi del sovraccarico si possono creare lesioni sempre più grandi con conseguente aumento della sintomatologia dolorosa. E' la patologia dei piedi più frequente nei corridori (circa 8%) ma è comunque una patologia molto frequente anche tra i non atleti


FATTORI DI RISCHIO:
Come detto prima la causa della fascite plantare è ancora discussa, si ritiene però che essa sia multifattoriale, per questo vengono considerati molto fattori di rischio tra i quali i più influenti si ritiene siano: alterazioni biomeccaniche o anatomiche del piede; scarpe logore; errori d'allenamento; eccessiva pronazione; rigidità del tendine d'achille; piede cavo; piede piatto, obesità; stazione eretta prolungata; riduzione della flessione dorsale della caviglia
Secondo lo studio pubblicato sul Journal Science Medicine Sport nel mese di maggio 2006 negli sportivi si evidenzia una debole associazione tra fascite e aumento dell'IMC; aumento dell'età; diminuizione della motilità della prima metacarpo-falangea e la stazione eretta prolungata.
La ricerca di alterazioni posturali statiche e dinamiche in caso di fascite si sono rivelate inconcludenti



ANAMNESI: Il paziente riferisce dolore soprattutto la mattina quando muove i primi passi, questo perchè probabilmente si carica una struttura che dopo il riposo notturno è fredda, contratta e dura. In sostanza si “stira” un tessuto non ancora caldo ed elastico ma soprattutto leso. Il dolore compare anche dopo un periodo di inattività (alzandosi dalla scrivania in ufficio dopo qualche ora ad esempio. Qualche volta il dolore è così intenso da provocare zoppia. Solitamente il dolore si attenua o sparisce durante l'attività (cammino o corsa) per ricomparire poi a fine giornata.spesso il paziente riferisce di aver aumentato l'attività (lavoro che richiede più tempo in piedi o aumento dei km in allenamento ad esempio)

DIAGNOSI: WINDLASS TEST
windlass test #2

La palpazione della fascia e della sua inserzione sul tubercolo mediale del calcagno in genere riproducono il dolore
Da segnalare che secondo Brotzman la fascite bilaterale è spesso associata a Lupus, gotta, spondilite anchilosante e sindrome di Reiter

DIAGNOSI DIFFERENZIALE: Sindrome del tunnel tarsale; radicolopatia L5-S1; atrofia cuscinetto adiposo del calcagno; tendinite FLA; intrappolamento nervo plantare laterale (primo ramo); frattura da stress del calcagno; malattia di Paget, di Sever, tumori o metastasi nei tessuti molli e ossei

LO SPERONE CALCANEARE:



 secondo molti studi la presenza di sperone calcaneare ha scarsa relazione col dolore in quanto si nota la presenza dello sperone in molti soggetti non sintomatici. Gran parte degli autori concordano nel non dare rilevanza alla presenza di sperone calcaneare. Studi anatomici hanno evidenziato come lo sperone sia in genere posizionato all'interno del flessore breve delle dita o nell'abduttore breve del mignolo; nel quadrato della pianta; abduttore dell'alluce.

RIABILITAZIONE
La riabilitazione deve tenere conto del fatto che essendo una sindrome da overuse ha origine multifattoriale. Bisognerà tenere conto dei fattori predisponenti e dei fattori precipitanti oltre alla sintomatologia del paziente

FASE ACUTA (riduzione ed eliminazione dei sintomi, controllo dell'edema, controllo dell'infiammazione, prevenzione dello stress sul tessuto leso)

Riposo relativo (sospensione degli allenamenti e se necessario utilizzo delle stampelle)
Ghiaccio
Bendaggio di tipo funzionale per 1 settimana (low-dye taping)

Krivikas nel 1997 proponeva l'utilizzo delle ortesi (plantari) per correggere i difetti di appoggio del piede (pronazione eccessiva) e per distribuire le forze di impatto su una superficie più ampia, successivamente Collins ed altri autori nel 2007 atrraverso una revisione della letteratura ed una metanalisi hanno concluso che non esistono evidenze che supportino o che rifiutino l'uso delle ortesi sia prefabbricate che personalizzate nelle sindromi da overuse degli arti inferiori.
La Iontoforesi (6 sedute in 2 settimane) nello studio proposto da Gudeman (controllato, randomizzato, doppio cieco, prospettico) ha dimostrato di essere un ottimo rimedio per quanto riguarda il dolore nelle prime settimane ma un follow-up a 4 settimane non dimostra miglioramenti rispetto al gruppo di controllo.
Il Taping con acetic acid può servire a perdurare gli effetti della iontoforesi nelle prime 4 settimane.

SUBACUTA (ripristino mobilità articolare, ripristino forza muscolare, correzione delle alterazioni biomeccaniche del piede, recupero elasticità muscolare tendinea e legamentosa)

Terapia manuale per il recupero articolare (soprattutto PA della tibio-tarsica)


Allungamento del tricipite (3 minuti per 3 volte al giorno) dà benefici nel breve termine

Stretching della fascia plantare (3 volte al giorno per 10 secondi per 10 ripetizioni) dà benefici a lungo termine
Rinforzo dei muscoli intrinseci del piede
Mulligan propone un taping particolare che porti in eversione il calcagno sostenendo che il dolore riferito alla fascia plantare sia originato dall'articolazione sottoastragalica.
Splint notturni vengono presi in considerazione solo per fasciti perduranti da più di 6 mesi (si usano per 2/3 mesi)
Onde d'urto (le evidenze al momento sono a favore di questa terapia)

Infiltrazioni danno un risultato immediato e molto efficace, risultato che viene perso nel tempo se all'infiltrazione non vengono associati esercizi terapeutici e corretti i difetti biomeccanici del piede. Le infiltrazioni sono associate ad un aumento delle rotture della fascia plantare


L'intervento chirurgico è indicato in caso la fascite perduri da più di un anno e nei casi di insuccesso con intervento conservativo




BIBLIOGRAFIA
D'Ambrosia 1982
Rome et al. 2001
Tauton et al. 2003
Snow et al 1995
James et al 1978
Johnson 1983
Gordon 1984
Tauton 1982
Riddle et al 2003
Brotzman 1996
Hayland et al 2006
Radford et al 2006
Krivikas 1997
Collins et al 2007
Gudeman 1997
Radford et al
Mulligan 2005
Jones 1997
Silva 1997
Leach 1997


Si ringraziano i colleghi, docenti del master in terapia manuale per il materiale fornito.

Le immagini sono prese da risorse in rete

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